Il diritto all’oblio esiste ben prima dell’avvento di google.
Andarsene da una piccola città per sceglierne una enorme dove vivere è uno dei modi per guadagnarsi la prima forma di oblio possibile: l’anonimato.
Non temere d’incontrare, non avvertire obblighi relazionali, non preoccuparsi del proprio stato fisico e mentale e uscire in strada,
casa di tutti gli anonimi.
Uscire e vedere tutta quella gente. Guardarla tanto, non rivolgerle la parola mai. Volerle bene per quel che é, non perché la si conosce.
E l’anonimato è solo l’anticamera della solitudine e la solitudine è una cosa seria. La solitudine non è un male da cui curarsi, è una condizione strutturale. La puoi assecondare, zittire, fartici divorare, confonderla con la gastrite. Ma non va via, non guarisce, non finisce.
E la solitudine la si capisce meglio stando in sua compagnia. La solitudine è una delle voci interiori che ti dicono che ci sono questioni da capire, sensazioni da decifrare, sentimenti a cui dare parole. La solitudine ti richiama a lei quando stai vivendo facile e inizi a crederci troppo.
E allora la solitudine diventa amica solo se la si affronta con lo stesso coraggio delle immersioni fatte in acqua di lago, acqua pesante e apparentemente ferma.
Immerso in quella solitudine non è la vita che perdi, ma solo l’idea di bella vita che ti hanno messa in testa. E mollare le cazzate di cui abbiamo piena la testa fa bene.
Lì in fondo è tutto così denso, così pieno che è impossibile sentirsi soli dentro se stessi. Certo ci sono gli animali morti nella testa e nel cuore, ci sono le ombre e i blues ma ci sono anche le gioie primitive, le realizzazioni tardive e le confessioni fatte a se stessi.
Soprattutto ci sono le parole che leggi sempre sugli stessi libri, che ascolti sempre negli stessi film.
Parole che ti vengono in mente sempre in momenti diversi ma ti danno il fiato ogni volta per immergerti un po’ più in profondità in quell’acqua apparentemente ferma.
C’è solo un momento difficile nella risalita in cui rischi la camera iperbarica e di sfondarti i timpani ed è quando ti risuona in testa una domanda: “Quindi da tempo non mi manca più niente e nessuno?”
Dalla risposta che ti dai capisci se sei pronto all’oblio.